Giovani e nuove teconologie

Questi sono alcuni appunti, non esaustivi, relativi all’incontro “Giovani e nuove tecnologie” con Andrea Bilotto, psicologo e psicoterapeuta tenutosi lunedì 16 gennaio in Sala Allende a Savignano sul Rubicone. Si tratta del primo di un ciclo di tre organizzato dall’Istituto comprensivo “Giulio Cesare” di Savignano sul Rubicone su genitori e figli nell’era dei social.

“Le ricerche ci dicono che Internet, nel mondo, è uno strumento usato da 5 miliardi di persone (siamo 8 miliardi) ed è diffusissimo. Ad usarlo sono soprattutto gli adolescenti. Si sta diffondendo il Metaverso, una realtà virtuale 3D, sovrapposta e integrata con il mondo fisico, in cui le persone possono fare esperienze. I nostri figli, tra dieci anni, si troveranno a fare lavori che ancora non sono stati inventati e che avranno molto a che fare col digitale. Del resto siamo nell’era dell’Acquario che incarna i valori di condivisione, tecnologia, globalizzazione, comunicazione e connessione con altri mondi (ndr).
Oggi, i dati ci dicono che sono in aumento i disturbi linguistici e dell’attenzione che hanno una stratta relazione con l’uso di Internet.
Se secondo la legge non si possono avere account social prima dei 13 anni, sappiamo che molti ragazzi vi accedono anche prima e passano molto tempo sui social, aumenta la paura di restare senza un dispositivo che possa collegarli in rete e non riescono a immaginare un mondo senza gli strumenti digitali. Gli adolescenti vorrebbero maggiore attenzione da parte dei genitori e questi, dal canto loro, fanno fatica a stare al passo col mondo digitale e spesso non sanno cosa fanno i figli on line. La cultura stessa è cambiata e si è passati dalla cultura della parola scritta a quella dell’immagine, in pochissimo tempo. Sempre più assistiamo a giovani e adulti che, con il cellulare in mano, fotografano qualsiasi cosa arrivando all’assurdità di assistere a concerti e spettacoli, in presenza, attraverso lo schermo del telefono: ma i momenti di felicità vanno vissuti e partecipati, e non fotografati.

Non tutto quello che si vede on line è vero

È necessario considerare, inoltre, che non tutto quello che si vede on line è vero. Ci sono applicazioni come FaceApp in grado di cambiare i connotati delle persone: da qui a creare persone che in realtà non esistono il passo è brevissimo e ci si potrebbe ritrovare a chattare con persone inventate o che si spacciano per quello che non sono.
Nella stesso istituto scolastico di Savignano, negli anni scorsi, è stato hackerato l’account della preside (qualcuno entrava nelle chat spacciandosi per lei); i giovani spesso non comprendono, ma si tratta di sottrazione dell’identità, reato di tipo penale.
I ragazzi, poi, fanno fatica ad apprezzarsi nel mondo on line, hanno molta paura delle critiche e diventano dipendenti dai “like” e dal bisogno di avere followers. Il ricevere like e l’avere followers creano un “effetto dopamina”, l’ormone della felicità: in pratica se ne vuole avere sempre di più in un continuo movimento up e down tipico delle dipendenze. Siamo davanti a una società dove aumentano disturbi narcisistici della personalità, essendo il narcisista, secondo il mito, colui che ama la sua immagine e ha una mancanza di empatia verso gli altri.

Attenzione all’analfabetismo emotivo

È necessario poi considerare che su Youtube ci sono cantanti e gamer che utilizzano un linguaggio violento e sessista, ma spesso gli adolescenti, paurosi di restare esclusi dal giro, li ascoltano bypassando il controllo genitoriale. Nel mondo digitale spesso si confondono gli amici (veri e pochi) con i follower. Online l’empatia diminuisce perché manca del tutto il linguaggio non verbale e il contatto visivo. Si riscontra una sorta di analfabetismo emotivo, mentre è importante far capire ai ragazzi che al primo litigio in chat è necessario chiarirsi di persona. Spesso i social vengono utilizzati da quei ragazzi che fanno fatica a socializzare, ma questo crea un arresto dello sviluppo dell’identità stessa: i social incantano, ma poi la timidezza rimane.
I ragazzi vanno aiutati a capire i pericoli di internet, senza demonizzare lo strumento. Ci vogliono delle regole. Vanno anche aiutati a non avere paura dei tempi morti della giornata che possono usare per riflettere, meditare e, sì, anche annoiarsi. Far capire loro che i follower non sono amici e che un amico vale più di mille follower.”

 

Consigli

Libri consigliati dal dott. Bilotto:
– “Digital Detox”, Digital detox per tutta la famiglia. Guida pratica per un uso consapevole di TV, smartphone e computer, Tanya Godding,
– L’era della dopamina, come mantenere l’equilibrio nella società del tutto e subito, Anna Lemke.
– App consigliata per monitorare il cellulare dei figli: Family Link.

 

Filmografia:

– Noi siamo infinto, Stephen Chbosky, Usa 2012

– Disconnect, henry Alex Rubin, Usa 2013

– Wonder, Stephen Chbosky, Usa 2017

–  Cyberbully, pettegolezzi online, Charles Binamé, Usa 2011

–  The social dilemma, Netflix 2020

– Un bacio, Ivan Cotroneo, Italia 2016

– Cosi vicini così lontani, Oltre il bullismo, Varisco, Italia2017

– L’A.S.S.O. nella manica, Ari Sandel, Usa 2015

– L’onda, Dennis Gansel, Germania 2008

– Prima di domani, Rosso Young, Israele 2017

– A un metro da te, Justin Baldoni, Usa 2016

– Nerve, Henry Joost, Usa 2016

– Digital Life, Come cambia la vita, F. Ragonato, Italia2019

– Genitori vs Influencer, M. Andreozzi, Italia 2021

– Euphoria, Lisa Langseth, Regno Unto 2017

– Colpa delle stelle, Josh Boone, Usa 2014

– Coco, Lee Unkrich, Usa 2017

I rischi della rete: cervello acceso e web reputation

Cresce la sensibilità alla vita digitale e diventa attualissimo il filosofo giornalista Bruno Mastroianni che, assieme a Vera Gheno e con il loro libro Tienilo acceso. Posta, commenta, condividi senza spegnere il cervello, è diventato protagonista di una delle tracce della prova di italiano della maturità 2022. Il tema proposto è quello dell’iperconnessione e dell’interconnessione, di come, nella scelta tra condividere tutto sui social e non condividere niente, sa ormai necessario saper maneggiare certe competenze di comunicazione che un tempo erano riservate ai soli addetti ai lavori., ripensando il modo di presentare noi stessi.

Mastroianni è collaboratore di RaiPlay come social media strategist (gestisce account social di alcune trasmissioni, come Superquark e Techetechete) discute dei rischi della rete, soprattutto per quanto riguarda la web reputation, tiene corsi e conferenze riguardanti gli aspetti antropologici della comunicazione, ma anche discussioni online e sulla comunicazione in crisi. Al tema delle discussioni on line ha dedicato due libri: Litigando si impara e La disputa felice.

Avevo avuto il piacere di leggerlo qualche anno fa su suggerimento di una collega e avevo tratto un breve schema su come sia, ancora, possibile intervenire sui social nonostante un sempre più costante mood comunicativo degli utenti che si fa violento causando distorsioni nelle interpretazioni e fraintendimenti a non finire. Lo ripropongo qui:

Mastroianni in La disputa felice (Franco Cesati Editore) ci spiega che davanti a un contenuto abbiamo 3 modi in cui possiamo prendere parte a dispute e discussioni pubbliche:

  • Reagire: è una modalità che mette al centro della discussione il dissenso stesso, fino ad oscurare la questione di cui si discute. Di fatto, significa fare il “gioco” di un altro andando ad aumentare il peso dei suoi contenuti, spesso in ottica di clickbaiting (notizie fatte appositamente per raccogliere click);

  • Adeguarsi: si adegua (con i vari “sottoscrivo”, “finalmente”, “sono d’accordo”) chi non ha molto da dire, non si discute davvero della questione, si fa una sorta di dichiarazione di voto rispetto all’opinione di un altro;

  • Rielaborare: è la terza via, la più interessante e, ovviamente, la più difficile. Si tratta di andare oltre il semplice assenso/dissenso ed entrare nella conversazione per rilanciare e dire qualcosa in più. Aggiungendo spiegazioni, contestualizzazioni, dubbi, dati, punti di vista alternativi. Si tratta di una modalità più faticosa, ma collaborativa e che porta al confronto, cercando di farsi capire partendo proprio dall’idea dell’altro.

E voi, sentite l’esigenza di avere competenze digitali?

In che modo intervenite sui contenuti? Credete che questa modalità sia possibile?